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      La Voce dei Protagonisti        

 

Alta Valtellina 

 

Partiamo il 7.7 alla spicciolata. Siamo in 11. E ripartiremo l’11. Alloggiamo all’hotel Zebrù a S. Antonio Valfurva a m 1350. La sera a cena abbiamo 2 primi e 2 secondi oltre l’antipasto di insalata e dolce finale. E quando dico 2 significa che consumiamo 2 primi e 2 secondi. Non si deve scegliere. Ci danno tutto. È come se tutto fosse a buffet e a volontà. Le ragazze girano per i tavoli con i vassoi pieni di cibo fino a che noi ospiti non diciamo basta o le pietanze si esauriscono. Insomma se vuoi, ti puoi abbuffare. L’albergo è a una stella. Ha il bagno in camera e pure la tv che personalmente non ho mai acceso. Anche perché l’Inter non ha mai giocato. Siamo a luglio e il calcio è fermo.

Ma parliamo delle escursioni di questi 3 giorni. Dimenticavo. 3 giorni di bel tempo. Senza pioggia. Venerdì nuvoloso. Sabato sereno pieno e domenica coperto ma ripeto senza pioggia. Lunedì alla partenza ancora sereno terso. Roba da prolungare il soggiorno ed organizzare una quarta escursione. Va beh, ma è andata bene così. Mai chiedere troppo. Accontentarsi.

 

Allora la prima giornata facciamo una bella escursione alla Croce del Reit,01 all'inizio dei sentieri- m 850 di dislivello. Andiamo alla Croce che si trova ad una altezza di 2132 metri. Da non confondere con la Cima del Reit a m 3049. Da un parcheggio sopra Bormio prendiamo una stradina asfaltata con le indicazioni per il Museo Naturalistico e il Giardino Botanico. Lasciamo poi alla ns. dx. il Giardino Botanico; poco più avanti una scaletta ci fa scendere e costeggiare il letto di un fiume asciutto e finalmente prendiamo il sentiero. È la strada Pedemontana del Reit. Il gruppo B proseguirà per il sentiero verso Prevasivo, l’area Pic Nic e Tramezzano.

Con il gruppo A procederemo in piano per poco, poi al bivio svolteremo a dx.

Per tutti i 3 giorni si formeranno 2 gruppi. Uno veloce che raggiungerà le cime come da programma e un gruppo più lento che camminerà di meno e con meno dislivelli.12 alla croce della reit-

Il gruppo A prende il sentiero, una Mulattiera Militare che sale con innumerevoli tornanti, fino alla Croce. I tornanti sono numerati. Sono 58. Ma effettivi 56. Il 58 non è un tornante ma l’inizio del percorso e l’1 è l’arrivo alla Croce. Il cartello segnala il tempo di percorrenza: ore 2.20. La salita è lunga ma la pendenza non è violenta. Con un passo regolare e costante si sale facilmente senza tanti stop. Il fondo del sentiero è ottimo. Il bosco è riposante. Larici e abeti. Niente insetti molesti. Né mosche e tafani. Tutto in ombra, alquante riposante. Poche le zone di sole accecante dove il bosco si apre un poco e offre panorami su Bormio e la Valle circostante. In meno di 2 ore tutto il gruppo A arriva allo spiazzo con panchine dove si trova la Croce. Lo spiazzo è tutto al sole. Panorami sulla Valle e delle montagne attorno. Impressionante la parete ripida del Reit. È mezzogiorno. Ci si riposa e si addentano i panini del pranzo al sacco dell’albergo. Tranne Italo e il presidente che si avventurano in una esplorazione lungo un sentierino che parte dal bosco. Ritorneranno dopo un paio d’ore. Avranno raggiunto un punto panoramico e saranno stati a contatto ravvicinato con la parete bianca del Reit. Il ritorno avverrà ad anello lungo un sentierino molto ripido, scosceso con una base di pietre rotolanti a cui dovremo prestare molta attenzione per non rollare e non cadere. I bastoni telescopici aiuteranno molto a mantenere l’equilibrio e a mantenersi in piedi fino a che non ritroveremo la mulattiera giù in basso dove ci ricongiungeremo col resto del gruppo.

 

Il secondo giorno, sabato, monte Scorluzzo, m 3095, DSCN4635-partendo dalla III Cantoniera dello Stelvio, m 2320. Il gruppo A composto da Italo, Emilia, Tonino, Giuseppe e Luigi andrà in cima al monte compiendo un giro ad anello. Gli altri, partendo sempre dalla III Cantoniera, faranno delle camminate più leggere con dislivello inferiore ma non meno belle e comunque molto panoramiche.

La particolarità del monte si lega, oltre al fascino panoramico, alla storia dell’Italia. Alla Prima Guerra Mondiale. Il passo dello Stelvio separava l’Italia dall’Impero Austro-Ungarico. Era la linea del fronte. E a tutt’oggi si conservano ancora sul terreno i resti di questa Storia. Le escursioni non sono solo quindi delle semplici camminate panoramiche ma anche un’incursione nella Storia d’Italia di un secolo fa. Si possono visitare ancora ciò che rimane delle trincee, camminamenti, postazioni di artiglieria, di mitragliatrici e il villaggio militare del Filon del Mot 25-dove vissero per 4 anni le truppe italiane, caratterizzato da una serie di baracche e fortificazioni e dalla presenza di una teleferica. Un tempo lontanissimo che si spera che non ritorni mai più. I nomi dei caduti sullo Stelvio sono riportati su un monumento vicino alla chiesetta della III Cantoniera. Ma quasi nessuno dei veicoli che transitano si ferma. Nessuno si ricorda del passato. Della storia. Una storia che potrebbe ritornare. Speriamo che rimangano solo le testimonianze di questo passato orrendo. Contro l’assurdità e la follia di una guerra.

I veicoli sfrecciano veloci. Auto, poche. Biciclette, poche. Moto, tante, tantissime. Saranno state, esagero, forse un milione. Veloci, velocissime. Sorpassano nervose, roboanti, infastidite di tanta lentezza delle bici e delle auto, troppo lente per loro. Sorpassano ruggendo anche quelle poche moto che vanno piano, più prudenti. Sono rumorosissime. Il loro boato rimbomba per tutta la valle. Non c’è pace. Non c’è silenzio a 2500 m, il rumore ti raggiunge fin dietro la curva della collina. 26 ortles e ghiacciaio stelvio-

In rete ci sono molti siti dedicati al Passo dello Stelvio da percorrere in moto. Uno di questi dice: affrontare il Passo dello Stelvio in moto significa dare libero sfogo all’adrenalina, che sale vertiginosamente di pari passo con l’altitudine

C’è da fermarsi un attimo allora a riflettere. A fare qualche considerazione. A domandarsi su cos’era un tempo la montagna e cosa è diventata ora. Le montagne sono nate prima della nascita dell’uomo. Hanno rappresentato o rappresentano tuttora sedi di divinità come il monte Olimpo o il Kailash, o dimore di demoni e draghi. Sono state e sono tuttora confini naturali tra popoli, ambienti e valli; determinano i confini degli stati e barriere per gli invasori, sono teatri di battaglie feroci come ci ricorda la Prima Guerra Mondiale qui al Passo dello Stelvio. Ma da luoghi selvaggi ed inospitali, le montagne sono poi diventate dal XIX secolo delle mete turistiche e conquiste alpinistiche. L’alpinismo nacque appunto nel XIX sec32 ruderi militari sulla cresta filon dei mot-. Il Monte Bianco fu scalato nel 1786. L’Eiger nel 1858 e il Cervino nel 1865, il primo Club Alpino fu fondato a Londra nel 1857. Oggi, nel XXI sec. le montagne sono diventate oggetti di consumo di massa. Ora in montagna non ci vanno solo gli alpinisti e gli escursionisti, ma tutta una categoria che col rispetto della montagna ha ben poco a vedere. Certo non è una bella cosa vedere lungo i sentieri delle Dolomiti escursionisti in coda per chilometri per andare a mangiare la polenta al rifugio o le cordate lungo chilometri, spesso ferme, per salire al Gran Paradiso. Oggi si va in montagna come andare al museo per vedere la Gioconda. Tutti in coda, in colonna. Toccata e fuga. Per non parlare dei nuovi rifugi: sembrano delle basi missilistiche. Per non parlare dei rifiuti abbandonati nel campo alla base dell’Everest. Recentemente ho letto in un libro (LA MONTAGNA di Veronica Della Dora); 29 laghetti dello stelvio-dice che lungo il fianco del Monte Tianmen in Cina è stata costruita una passerella aerea in vetro che consente una visione vertiginosa dell’abisso sottostante camminando comodamente in ciabatte. Brrr. Da rabbrividire solo vedendo la foto. Ti dà già una sensazione di vuoto, di vertigine e di pericolo. Progetti del genere, dice il libro, sono stati sviluppati nel Gran Canyon e in Norvegia. Addirittura in Austria nel 2011 furono messe in vendita 2 vette delle Alpi Carniche per fronteggiare la crisi finanziaria. Si fecero avanti 20 acquirenti. Ma il tutto fortunatamente rientrò per le proteste della gente locale. Oltre a privatizzare l’acqua potabile, il 118, in futuro si privatizzeranno anche le montagne? Come si sta già facendo con le isole?

 

Il terzo ed ultimo giorno andiamo vicino al Passo Gavia. 01 nei pressi del rifugio berni-Il cielo è coperto. Ma non pioverà. Tira un bel venticello fresco. Io che sono freddoloso mi copro con tutto quello che ho portato nello zaino, escluso la mantella. 5 strati. Poi in seguito me ne toglierò 2. Siamo ad una quota di m 2541. L’obiettivo è il Pizzo Vallumbrina, m 3225. Anche questa è una meta sia paesaggistica che storica. Anche lungo queste creste sono presenti numerosi reperti che risalgono alla Prima Guerra. Il gruppo A dei 5 raggiungerà il Pizzo. DSCN4734-Io e il resto degli altri staremo più in basso. E comunque io e Viera riusciamo ad arrivare al Ponte dell’Amicizia, m 2520 e salire piano piano per un sentiero ripido che porta verso il ghiacciaio Dosegù ad una altezza rispettabile di circa 2700-2800. L’intenzione era di andare verso i laghetti ma la mancanza di indicazioni chiare al Ponte mi ha condotto in un’altra direzione. Bei panorami ma molto freddo. Ma da non invidiare i 35° della Pianura. Ai quali comunque torneremo lunedì.

{Diego M.: In Alta Valtellina, 7-11.7.2022}