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      La Voce dei Protagonisti        

 

Cima Mutta

 

 

La nostra camminata domenicale ha inizio ai margini delle prime 02 il gruppo all'inizio del sentiero-case di Cà di Janzo alle 10.30, proprio dove un'ampia tabella segnaletica ci indirizza con sicurezza sul sentiero da percorrere, che s'inoltra nel bosco e che per un tratto segue il tracciato dei Sentieri dell'arte della Val Vogna. Ad un bivio, ignorata una traccia alla nostra sinistra che, attraversato un ruscello, conduce alla frazione di Oro, m 1500, continuiamo in linea retta, seguendo per un breve tratto il corso del Rio Janzo. Con facile progressione raggiungiamo in meno di venti minuti la frazioncina di Selveglio, m 1536, che verso la fine del 1600 era uno dei cantoni più popolosi della Val Vogna, con Oro e Ca' di Janzo, abitato da quasi un centinaio di valligiani. Qui ignoriamo il sentiero di sinistra che conduce a Peccia e ci facciamo strada tra le poche abitazioni, guidati dagli evidenti segnavia; salendo senza affanno sull'agevole sentiero proseguiamo in un bel lariceto fino all'Alpe Poesi, m 1715, dove la fresca fontana ricorrente in molte relazioni escursionistiche si direbbe del tutto prosciugata; dopo brevissima sosta, usciti dal bosco, riprendiamo a salire verso la baita di Alpe Le Piane, m 1832.155556- Raggiunto anche quest'ultimo alpeggio, il sentiero piega immediatamente a destra, rimontando fin sopra il tetto della baita, e si snoda per gli ampi prati, ma sempre ben segnato dai numerosi bolli bianco-rossi che agevolano al massimo l'orientamento, con la vetta già visibile a meno di trecento metri sopra di noi. Percorso un breve tratto su terreno pianeggiante in direzione opposta alla cima, quasi alle pendici del Corno d'Otro, fin dove, in tempi ormai remoti, si estendevano i pascoli, svoltiamo decisamente a destra, come indicato da una vistosa freccia su un ometto di sassi, per aggirare una piccola pietraia. Il sentiero riprende adesso a salire con pendenza più marcata, tagliando il fianco della montagna in direzione nord-est. Superata una breve, ma ripida rampa su traccia in alcuni punti alquanto labile tra gli ultimi larici, radi mirtilleti e macchie di rododendri, percorriamo un lungo traverso a mezza costa su una seconda pietraia, che costituisce il tratto finale dell'avvicinamento alla cresta, moderatamente esposta ma elementare, dove incrociamo, impegnati nella discesa, un folto gruppo di escursionisti piemontesi. Ancora pochi minuti, e alle 12.20 mettiamo piede sulla vetta, sormontata da quel che resta di una piccola piramide di sassi, sulla quale sventola pigramente una sbiadita bandiera arancione. Sebbene poco appariscente, Cima Mutta,DSCN4439- prima modesta elevazione della dorsale spartiacque tra la Val Vogna e la Val d'Otro, è un ottimo punto panoramico, al centro di una suggestiva corona di cime di ragguardevole altezza, tra le quali spiccano, a est, la poderosa mole del Monte Tagliaferro (2964 m) e la Punta Grober (3497 m); a ovest, il Corno Bianco (3320 m), le cui sommità sono coperte dalla nuvolaglia, e più distante, verso nord, il massiccio del Rosa, del tutto celato allo sguardo; proprio davanti a noi, si erge la scura ed aguzza sagoma del Corno d'Otro (2482 m). Ai primi arrivati si uniscono via via gli altri: intorno alle ore 13.15, alcuni hanno già iniziato la discesa verso valle, ma in tutto siamo in 14 ad avvicendarci sulla cima per l'immancabile rituale fotografico: la metà dei partecipanti a questa uscita estiva del nostro gruppo. Escursione priva di difficoltà oggettive, dal dislivello non eccessivo (781 m) e molto remunerativa, soprattutto dal punto di vista panoramico, ma che ha comportato, data l'esposizione -versante sud- e la giornata afosa, un discreto impegno fisico; solo l'attraversamento della pietraia, in alcuni tratti un poco instabile, ha richiesto maggiore attenzione e passo fermo. Adeguata la segnaletica orizzontale.

 

{Amedeo S.: Cima Mutta, 19.6.2022}