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La Voce dei Protagonisti
Rifugio Nacamuli
Valpelline: una delle piu' distanti -per noi- tra le vallate aostane, e a tutt'oggi, relativamente 'inesplorata': anche la meta finale della nostra escursione ha un nome inconsueto, e forse proprio per questo, e nonostante i bollettini meteorologici non prevedano una giornata particolarmente luminosa, ci ritroviamo alla partenza da Milano in quaranta (la massima capienza dell'autobus).
Scesi a Bionnaz, alla diga di Place Moulin (m 1982) intorno alle 10.30, ci mettiamo subito in marcia, perche' i tempi -soprattutto per chi intende raggiungere la meta finale, il rifugio Alessandro Nacamuli- sono decisamente stretti, e sebbene il dislivello non sia particolarmente elevato (poco piu' di 800 metri), l'escursione prevede lunghi tratti in falsopiano. Abbandonata dopo qualche centinaio di metri la carrabile lungo la diga, il sentiero -segnavia nr 8- piega verso sinistra, e costeggiando un folto lariceto s'innalza all'alpeggio di Arpeyssaou, dal quale si gode di una vista incantevole del lago sottostante, che le acque del suo affluente, il torrente Buthier, trasformano in una splendida conca di colore turchese.
Prendiamo quota, e mezz'ora piu' tardi ci fermiamo qualche minuto ad un bivio (m 2116), dove il nostro gruppo si separa da chi proseguira' , su agevole sterrata, alla volta del rifugio Prarayer (m 2000), e dopo aver percorso un breve tratto in salita, entriamo nella suggestiva Comba d'Oren, accompagnati dall'onnipresente voce del torrente che si getta piu a valle, sotto di noi. L'agevole sentiero ci conduce fino ad una baita in rovina a Praz Mondzou Damon (m 2166) e poco oltre al pittoresco alpeggio di Grand Oren (m 2175); fatta una breve sosta, riprendiamo la marcia, e superato un ponticello, accanto all'alpe Garda (m 2223), entriamo in una zona franosa modellata dall'erosione dell'acqua e dei ghiacci. Il paesaggio cambia quasi di colpo, facendosi spoglio e aspro: non piu' larici e pascoli, ma una distesa continua di rocce, sfasciumi, ghiaie e sabbia; costeggiando il torrente, superiamo senza difficolta' alcuni ripidi avvallamenti tra una formazione morenica erbosa e il fianco della montagna. L'unico nostro motivo di inquietudine e' il tempo atmosferico, dato che sulla sommita' della Comba gravano nubi nerastre che oscurano la vista delle vette vicine, conferendo al severo paesaggio una suggestione particolare, ma procediamo con passo spedito; grazie ai ben visibili segni gialli che marcano il sentiero e ai numerosi ometti di pietra possiamo orientarci senza problemi, seguendo il corso del torrente d'Oren fino al punto in cui, lasciatolo alla nostra sinistra, il sentiero, con una brusca svolta, si porta alla destra del vallone, donde ha inizio la ripida ascesa al sovrastante pianoro del Plan di Gan.
Le vere -e uniche- difficolta', se difficolta' si possono chiamare, ci attendono oltre quota 2400, a Grand Place; attraversato un ruscelletto, il sentiero, ora divenuto una semplice traccia, s'inerpica zigzagando nella rada vegetazione tra rocce viscide e spaccate, e nel tratto piu' impegnativo -meno di un centinaio di metri- e' attrezzato con corde fisse e gradini metallici che facilitano sensibilmente la progressione, permettendo di guadagnare velocemente quota fino agli ultimi risalti del Plan di Gan. Giunti alla sua sommita' , contrassegnata da un grosso ometto di pietra, possiamo finalmente vedere in distanza la singolare architettura del rifugio Nacamuli, addossato ad una parete di roccia, ai cui piedi sorge il vecchio rifugio Col Collon, ora adibito a locale invernale. L'altimetro registra una quota di poco inferiore ai 2600 metri: di fronte a noi si distende una sorta di irregolare, scabro altopiano interrotto da piccoli corsi d'acqua e da formazioni rocciose levigate dall'azione dei ghiacci.
Superato un piccolo ponte in legno a quota m 2727 e su terreno alquanto sconnesso, ma non disagevole, con un percorso che descrive un ampio arco da destra a sinistra, in parte su tracce di sentiero, in parte su facile nevaio, un poco sgranati gli uni dagli altri, entriamo nel rifugio per un meritatissimo ristoro: sono le 13.45, in sensibile anticipo rispetto alla tabella di marcia prevista (3.30). Lo scenario, nonostante la persistente cortina di nuvole basse, e' impressionante: dal rifugio, dominato dall'imponente Punta Nord (m 3714), la vetta piu' alta della catena della Sengla, possiamo ammirare la lunga cresta che va dalla Punta Kurz (m 3496) alla Becca Vannetta (m 3361); piu' oltre, in direzione del 'vero' Col Collon, si stende il ghiacciaio dell'Eveque, al confine italo-elvetico, sul quale spiccano le imponenti forme della Becca d'Oren (m 3523) e delle due cime gemelle dell'Eveque (m 3716) e della Mitre d'Eveque (m 3646).
Siamo in quattordici, e il nostro primo pensiero e': cosa offre il menu? Polenta, salsicce, carni brasate, specialita' valdostane? Niente di tutto cio', dobbiamo accontentarci di quanto puo' offrire la sobria ospitalita' di un rifugio d'alta quota: un abbondante piatto di pasta al sugo, innaffiato da qualche calice di vino, e reso piu' gustoso dalla bella compagnia. Non tutti pero' si fermano a pranzo: tra i primi salitori, alcuni prendono la strada del ritorno al piu' presto e iniziano la discesa intorno alle 14.30, corroborati da una buona tazza di caffe' caldo -la temperatura esterna e' di poco superiore allo zero-; gli altri si attardano fin dopo le quindici, prima di iniziare il ritorno a valle, confortato da un discreto soleggiamento, che fa dimenticare il grigiore della mattina e permette di godere appieno della selvaggia bellezza di queste montagne. Per tutti i partecipanti, anche per chi ha privilegiato la meta meno impegnativa, l'accogliente e frequentatissimo rifugio Prarayer, una giornata davvero indimenticabile.
{Amedeo Sala: 6.7.2014}